“Essere lì” – da Luciano Ligabue (Diario di Bordo 23/07/2011)


Dieci giorni prima di Campovolo passo di lì e vedo
qualche tenda fra la recinzione e la strada provinciale.
Riconosco alcuni di voi.

Presto passerà la polizia che vi dirà che lì non
ci potete stare e vi farà spostare in un
pezzetto di terreno di fianco alla trattoria
dell’aeroporto civile.
Lo spazio è piccolo, non ci sono bagni e le vostre
tende (aumenteranno esponenzialmente ogni giorno)
sono quasi una sull’altra.
Di giorno un caldo bestiale e di notte un’umidità
pazzesca.
Fra l’uno e l’altra zanzare famelicissime.
E voi restate lì.
Una sera passo a salutarvi.
Non mi chiedete niente.
Niente foto, niente autografi.
Non volete nemmeno sentire (qualche giorno più
tardi) le prove principali.
Volete solo essere lì.
La sera prima di Campovolo.
Mi chiama Maio, e poi Marco, e poi Luca.
Tutti e tre a dirmi: saranno già entrati in
diecimila e il clima è meraviglioso.
C’è tanta gioia, serenità, sorrisi.
In una parola: armonia.
Ballate sui tavoli, popolate la street,
cazzeggiate, vi preparate nell’area tende,
cantate, vi incontrate, vi conoscete.
Ridete.
Volete solo essere lì.
Il pomeriggio prima del concerto.
Barbara sta guardando una diretta su Campovolo
trasmessa da una tv locale.
Vi mostrano tranquilli e festosi sotto un sole
cocente.
Con i vigili del fuoco a bagnarvi.
Vengono intervistati un pompiere, un agente di
polizia, un addetto alla sicurezza e una
responsabile del pronto intervento.
Tutti a dire che siete un pubblico speciale.
Che il clima che avete creato è bellissimo.
I commentatori televisivi che hanno provato a
intervistarvi confermano a loro volta.
Volete solo essere lì.
Campovolo, sabato 16 luglio.
Ore 21 e 20 circa.
Abbiamo lavorato tantissimo per questo concerto,
ma ora è finalmente il momento di uscire.
Andare sul palco.
Posso finalmente adagiarmi sull’eccellenza di chi
suonerà con me.
Sull’eccellenza di chi si occuperà dell’audio
fuori e di chi si occuperà di quello sul palco
Sull’eccellenza di chi farà andare le luci e i
contributi video.
Sull’eccellenza dei backliner che cambieranno il
set ben quattro volte e che si occuperanno di
farci avere i nostri strumenti al loro meglio.
Posso appoggiarmi, lasciarmi andare,
confidare sulla loro eccellenza come su quella di tutti gli
altri che hanno costruito questo bestione di
ottanta metri di larghezza.
Il primo pezzo è “Questa è la mia vita”.
Mi metto davanti al microfono.
La luce rossa riverbera anche su di voi e vedo
quanti siete anche se non riesco a vedervi tutti.
Immagino.
Poi, però, sul ritornello, saltate tutti a tempo.
E, questa volta, la luce rossa e i vostri salti al
bpm di quella canzone mi fanno vedere
distintamente che cosa siete:
un enorme cuore pulsante.
Sotto una luna piena.
Volete solo essere lì.
Tanti di voi mi chiedono com’é stata la mia
esperienza di Campovolo ma, come ben sapete, i
concerti non si raccontano: li si vivono.
Però posso dirvi che ho la sensazione che
Campovolo 2.0 sia il vertice di qualcosa.
Non so dirvi se da lì si può solo scendere, oppure
alzare ancora l’asticella oppure spostarsi su
altri vertici.
Ma se è vero che ogni concerto è irripetibile,
ebbene questa regola sembra valere ancora di più
per Campovolo 2.0.
Un saluto, ancora, ad Antonio.
Com’è possibile che, alla fine di un concerto che
è una sorta di celebrazione della vita, un ragazzo
di neanche trent’anni possa morire?
Impossibile spiegarselo.
Se non che la vita non è mai né bianca né nera.
E che la morte ne fa parte.
Ancora una volta voglio unirmi al dolore di amici
e famigliari. E voglio permettermi di pensare che
in quell’enorme cuore pulsante che ho visto, c’era
anche lui.
A parte il film in 3D e il cd su Campovolo 2.0 non
ho nessun progetto davanti.
E voglio cercare di non crearmene di nuovi per un
po’ di tempo.
Vedremo quanto saprò resistere.
Nel frattempo, a quelli di voi che si dichiarano
già in astinenza a meno di una settimana da
Campovolo, voglio ricordare una cosa:
il nostro bisogno di sopravvivenza ci fa ricorrere
a tre tipi di strategia quando veniamo attaccati:
1 mimetizzarci
2 fuggire
3 aggredire
Siccome mimetizzarsi e fuggire ci fa sentire
codardi in seguito, è più facile reagire con
l’aggressione.
L’aggressione, a sua volta, è connessa con l’odio.
E’ per questo che l’odio è così facile.
E’ legato a un nostro bisogno primordiale.
L’amore, invece, non scaturisce da nessun bisogno
primordiale legato alla sopravvivenza.
E’ per questo che è più difficile.
E’ per questo che chi lo sa provare e vivere
sembra essere speciale.
E’ per questo che voi,
cuore pulsante di Campovolo, sembrate esserne dotati.
E su quel vostro strumento e sulla forza che sa
produrre,
potete contare.
Vi abbraccio.
Tenete costantemente botta.
Luciano.
Fonte Ligachannel.com

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